La sorte ci porta ora in un luogo molto particolare, un luogo che ha atteso duemila ottocento anni per diventare ciò che è oggi: un luogo dell’anima. È Mont’e Prama, la collina in cui, quarant’anni fa, un contadino, Sisinnio Poddine, scoprì i primi frammenti delle statue che oggi troviamo in mostra a Cagliari e a Cabras. A quella casuale scoperta – ma quale non lo è? – seguirono indagini scientifiche. Più di 5.000 frammenti tornarono alla luce: arcieri, guerrieri, ‘pugilatori’, modelli di nuraghe, betili. Un intero universo di personaggi ci venne incontro dal passato, per offrirci una finestra sul mondo che aveva realizzato quelle sculture. Nuragiche le iconografie. Profumato d’oriente lo stile. Individui appartenenti – forse – ad un altro mondo le aveva volute ridurre al silenzio, smembrandole. Senza riuscirci, possiamo noi oggi testimoniare. Lo strato che custodiva le statue copriva un’area specifica di una più vasta necropoli. Tombe singole a pozzetto circolare. In ogni tomba, un singolo individuo. 33 sepolture. Quasi assenti i corredi. Altre sepolture singole in pozzetti quadrati, all’esterno di quest’area. Il teologo Romano Guardini afferma che “Il mistero esige una spiegazione: ma questa avrà solo il compito di indicare, appunto, ove risiede il vero enigma”. Tutto questo è, Mont’e Prama. Un enigma.
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